È innegabile che un fervore politico acceso come quello per il Referendum Costituzionale non si vedesse da tempo in Italia: giovani, giovanissimi, adulti e anziani si sono sentiti estremamente coinvolti da queste votazioni.
Il “sì” ed il “no” hanno avuto argomentazioni forti, insistenti, giuste o sbagliate, legate al contenuto della riforma o strettamente politiche. Non importa.
Cioè che importa è che entrambe le fazioni hanno avuto un innegabile elemento comune: una rabbia di tipo quasi adolescenziale.
Accuse, offese, proteste, svalutazione dell’altro. Da ogni lato.
In particolare, l’indisponibilità al dialogo ha creato una polarizzazione delle opinioni, ognuna trascinata dalla propria corrente sempre più distante e denigratoria rispetto all’altra e compatta al proprio interno.
Il potere dell’affermare (dell’affermarsi) ha soffocato il potere del domandare (del domandarsi).
I numerosi e quasi inevitabili coming out sul web hanno avuto, dentro questa cornice di netta scissione, un effetto trainante proprio a causa della potenza della componente rabbiosa; non a caso, i discorsi rivelatisi più visibili, efficaci ed influenti sono stati stati quelli che si sono avvalsi della rabbia come veicolo comunicativo.
La partita del referendum si è giocata da entrambe le parti in attacco, ed effettivamente, come può esserci spazio per la difesa quando la forza propulsiva principale è la rabbia?
E la rabbia, oggi, è un’emozione collettiva, mondiale.
Il rifiuto emerso dalla Brexit non è altro che una reazione rabbiosa rispetto ad una madre-Europa che è stata vissuta come non in grado di proteggere la figlia-Inghilterra. Non importa che ciò sia vero o falso: quello che conta per comprendere un fenomeno è il vissuto.
L’elezione di Trump, parallelamente, non è altro che il desiderio rabbioso di ribellarsi al sistema conosciuto, affidandosi al carisma della rigidità e dell’assolutismo, proprio come avviene in adolescenza.
In fondo, il mutare degli equilibri mondiali può essere visto proprio come una sorta di adolescenza mondiale, in cui il rifiuto si fa totale, il dialogo è assente, la chiusura è inevitabile.
Non a caso, come in adolescenza, la rabbia è il motore della ricerca di sé.
Proseguendo con questo parallelo, il mondo oggi si trova a dover affrontare proprio le stesse sfide che si richiedono ad un adolescente:
- la rielaborazione dell’immagine di sé, poiché il mondo di oggi presenta delle caratteristiche che lo portano ben lontano da quello che poteva essere anche solo dieci anni fa, con mutati aspetti politici, crisi finanziaria ancora irrisolta, scontento rispetto al mondo dell’occupazione;
- la rielaborazione del proprio passato, in rapporto alle scelte precedenti, a ciò che ha portato allo stato attuale, alla propria coscienza dei processi implicati nella formazione dello status quo;
- l’elaborazione delle angosce rispetto al futuro, a partire dalla presa d’atto delle proprie attuali vulnerabilità da confrontare con le proprie risorse.
Esattamente come in adolescenza, il mondo si sta trovando a dover affrontare una crisi che supera ampiamente la questione puramente economica: le reazioni rispetto a questo stanno portando ad inevitabili momenti di disorganizzazione e regressione, mettendo in campo proprio quelle difese tipiche di questa fase della vita:
- Onnipotenza, nell’illusione che un referendum o una votazione siano decisivi nel superamento di tutto ciò che non funziona nella situazione socio-politica presente;
- Scissione, in cui le opinioni vengono polarizzate ed il dialogo tra due posizioni avverse si rende impossibile;
- Idealizzazione e svalutazione, nei confronti delle opinioni proprie e altrui, in cui la propria opinione viene difesa con toni aggressivi e l’opinione altrui viene spesso vissuta come frutto di incompetenza ed inferiorità;
- Agito, impulsività nell’esprimersi senza una riflessione adeguata, che si può configurare anche solo con la tendenza recente di condividere contenuti sul web senza averne dedicato un tempo sufficiente per l’analisi;
- Proiezione, nel momento in cui la propria ostilità viene riversata su quello che viene designato come un nemico, a causa dell’incapacità di contenere i propri affetti aggressivi, nel tentativo di dimostrare che ciò che è buono appartiene a sé, mentre ciò che è cattivo si trova fuori da sé.
Alla luce di tutto ciò, mi sembra evidente che quello che il mondo sta attraversando adesso non sia altro che una fase di adolescenza globale, che si potrà superare quando la politica sarà in grado di prendersi carico della rabbia del mondo, contenerla, rielaborarla attraverso dei processi di revisione e adeguamento alle esigenze del cittadino e restituirla come risorsa vitale.
La politica ha bisogno di figure contenitive, in grado di farsi prendere a pugni dalla rabbia mondiale e riuscire a resistere, proprio come il genitore dell’adolescente è chiamato a rimanere presente, non crollare né farsi travolgere dai continui attacchi del figlio.